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martedì 21 dicembre 2010

Minsk e la Bielorussia by Giancarlo Dotto

Cordiali lettori del mio blog


Prima di postare la mia recensione sulla capitale bielorussa (che ho  visitato nell'estate del 2010), mi è sembrato giusto e pertinente riportare il meraviglioso articolo, pubblicato da Panorama nel 2005 e riguardante situazione sociale, ragazze e modi dei nostri compaesani che si recano nell'ultimo baluardo del comunismo europeo.

in foto la splendida modella Maryna Linchuk






VADO MI SPOSO E TORNO

Così fanno molti italiani in partenza per la Bielorussia. Il nostro inviato si è confuso tra loro. Scoprendo che...



Tutto comincia con un atto di fede. Salire su quel vecchio Tupolev incrostato di fumo, allacciarti il rudimentale arnese che loro chiamano cintura di sicurezza e credere che tutto ciò sia l'antefatto di un volo che in meno di tre ore ti porterà da Roma a Minsk, tra silenzi irreali e scariche assassine di folklore bielorusso. Il Tu 154, fiore all'occhiello della Belavia Airlines, decolla ogni lunedì mattina da Fiumicino con il suo pieno di maschi latini in fregola, italiani con il colbacco, parodie di Totò e Peppino in gita verso il Far East del paradiso donnesco. Si presentano al check in da tutta Italia. Nella maggioranza tardoni ultracinquantenni sformati dalla lasagna o dal culatello, in saccoccia il malloppo degli euro e il dizionario russo per l'emergenza, smaniosi di arrampicarsi a quattro zampe sulle loro valchirie slave, che sono più alte, più belle, più colte e soprattutto più economiche delle donne che si lasciano alle spalle. Rocco è un farmacista di Matera, un botolo più largo che lungo con una barba ottocentesca alla Tolstoj. Si porta l'acqua e i funghi da casa, per via di Chernobyl, ma anche il parmigiano, i pelati e la carta igienica doppio velo. La sua fidanzata, Svetlana, una perticona di 25 anni laureata in economia, stacco di cosce da vertigine, lavora come commessa in un supermercato per 70 dollari al mese. Si sposeranno a maggio in una chiesa cattolica di Minsk e poi andranno a vivere da lui a Matera, dove i sassi sono millenari e non puzzano di nafta. Mario è un operatore televisivo romano. Somiglia a Maurizio Arena, quello un po' sfatto degli ultimi anni. Sfoglia per tutto il viaggio una dozzina di foto stampate da Internet. Bellezze di solito inaccessibili nei calendari o nelle sfilate di Armani. Sono le ragazze che incontrerà nei giorni prossimi a Minsk. «Con le donne italiane è finita, non c'è più dialogo, sono fuori di testa, pensano solo al lavoro e ai soldi». Anche l'atterraggio a Minsk è un atto di fede, in questo caso del pilota. Nel buio totale di una pista tutta da indovinare da dove sbucano ombre semiassiderate e lastre di ghiaccio. I funzionari alla dogana sono cariatidi del vecchio comunismo trapanate dalla luce al neon. Cupi, vendicativi, infelici. Se possono infierire lo fanno volentieri. File interminabili. Spuntano misteriosi balzelli. Un'assicurazione sanitaria che non si capisce a cosa serva. Il visto costa 60 euro (ma se sei americano ne servono 180), devi esibire un invito e se non ce l'hai fa niente, funziona anche una mancia purché non sia in rubli. Sono facce senza luce. È un mondo senza luce. Julya, la nostra agente a Minsk, ci sfila dalle mani di uno sbirro sadico. Quaranta chilometri nella tenebra dall'aeroporto alla città, tra camion, pattuglie della polizia e la foresta in cui s'intuiscono le sagome delle dacie in legno dove sopravvivono i contadini e i vecchi sfrattati dal centro storico. Julya guida sicura la sua Audi di seconda mano. Ha studiato pianoforte al conservatorio e parla bene l'italiano. Suonare Bach e Chopin scalda il cuore ma da queste parti basta appena per un pezzo di pane nero e un piatto di patate. Prima di fare la ruffiana di lusso si occupava dei bambini malati di Chernobyl. «Trovavo per loro ospitalità nelle famiglie italiane. Ma ho dovuto mollare, era un lavoro duro e poco redditizio». Si è inventata allora "Katiuscia amore mio", un'agenzia per cuori solitari. Campioni di biathlon, orfanelli e belle donne sono le uniche risorse esportabili di un Paese che il regime di Lukashenko fa di tutto per tenere isolato.

Julya vive in simbiosi con il suo cellulare. Scaricati i tre italiani, tornerà all'aeroporto per accogliere il norvegese, un attempato commerciante di origine iraniana che sa quello che vuole, una bielorussa bionda tra i 27 e i 30 anni, senza bambini e senza difetti genetici, non fumatrice, alta 1 e 68 e comunque non più di 1 e 70. «Preferisco lavorare con voi italiani, siete più elastici anche perché non sapete mai bene cosa volete», dice Julya. «Ora avete scoperto le donne di qui. Vi siete accorti che sono bellissime e non capricciose come le russe o spregiudicate come le ucraine. Noi bielorussi abbiamo un sacro terrore della legge, non cerchiamo l'avventura, abbiamo paura anche della nostra ombra».

Bersagliati dalla malasorte. Rasi al suolo da tre anni di occupazione nazista, poi colpiti dal vento radioattivo di Chernobyl che quel giorno soffiava verso nord e ora Lukashenko, il dittatore che fa sparire gli oppositori e terrorizza la gente con la sua polizia segreta che qui si chiama ancora Kgb. Prima del '91 uno straniero da queste parti era un marziano. L'unico film conosciuto era "La Piovra" e l'italiano aveva la faccia di Michele Placido. Ora, con l'apertura delle frontiere, l'italiano ha qualunque faccia. Un pollastro elementare da adescare. Incastrato com'è nei suoi fantasmi, che vanno dal Casanova che crede di essere alla donna facile che s'illude di possedere, meglio se slava, bionda e sottomessa. In tre anni di "Katiuscia", Julya dice di aver combinato più di 200 tra matrimoni e convivenze. Dice anche che non tutti durano nel tempo anche perché, diciamo noi, l'italiano che sembra un sultano a Minsk risulta spesso uno straccione a Battipaglia o Carnago. Accetta solo contanti, euro o dollari, 370 per l'iscrizione, altri 50 al giorno più le spese per l'appartamento al centro, confortevole, ben riscaldato, televisione con antenna satellitare e un cd di Elton John buono per lo struscio. L'agenda è fitta, una quindicina di appuntamenti in tre giorni. Complicato scegliere nel catalogo tra più di mille madamine, quasi tutte bionde, naturali o artificiali (gli italiani hanno un debole per le bionde), e sopra il metro e 70.

Gli annunci sono gusci vuoti. Tutte bene educate, allegre, amano i figli, la casa e la famiglia. Le foto ammiccano l'immaginario del mascolo latino in tutta la sua gamma, un po' sante e un po' madonne ma anche un po' puttane. Qualcuna fissa limiti anagrafici per il partner «ma non devi farci caso, è solo perché i loro uomini a cinquant'anni sono sfondati dall'alcol e dai cattivi pensieri», spiega rassicurante Julya. L'uomo bielorusso veste male e beve vodka di pessima qualità, quella che si può permettere con i suoi 100 euro al mese di salario. Pervaso dal sentimento del fallimento e attratto dall'abisso che nel suo caso coincide con una bottiglia vuota e una vita da dimenticare. La donna no, detesta la miseria, è energica, cerca la luce, la scappatoia, per sé e per i figli, specie quando non è più giovane. Così i colpi di fulmine si sprecano. L'uomo italiano è galante, ti fa sentire bella, sa fare il baciamano e sa come infilarti un cappotto per il verso giusto. Se gli chiedono chi è la sua donna ideale, è sempre quella che ha davanti in quel momento. Gioca con i sentimenti altrui perché non ne sa nulla dei propri e quando li scopre è sempre troppo tardi.

Elena è la star del catalogo. Il manifesto fatto carne della bellezza bielorussa. Un tipo alla Grace Kelly. Bionda, elegante, portamento da regina sotto la pelliccia sintetica da grandi magazzini. Parlicchia un vago italiano. È l'avamposto di "Katiuscia", l'esca per il babbeo latino appena sbarcato dal Tupolev. È il loro Colosseo in vendita. È la prima che ti schiaffano sotto il naso e anche la prima a sparire. Subito a cena con lei, a lume di candela, nel ristorante più caro del centro, il merlo è appena arrivato e fa già fatica a distinguere Minsk dal giardino di Allah. L'Italia è lontana, con le sue donne acide e diffidenti. Elena è perfetta nella parte, sa come farti sentire l'uomo più desiderabile al mondo. Ascolta Enya e si definisce una «romanticona». Convenzionale quanto basta («Ma è vero che da voi i gay girano liberi per la strada?»). La sua è una recita elementare, ma il masochista che è in noi non chiede di meglio che essere ingannato da manuale. Vive in campagna con la sorella e la nonna che suona la balalaika. Vorrebbe fare la mannequin ma le agenzie russe sono corrotte e gestite dalla mafia («È così anche da voi?»). Non esclude di filarsela un giorno con un italiano, quando ne troverà uno decente e meno decrepito. È un miraggio non privo di sarcasmo, Elena. «Non vi capisco voi italiani. Vi fate 2 mila 500 chilometri per fare sesso da noi quando potreste farlo a casa vostra spendendo molto meno». Si chiama Julya anche l'interprete di "Katiuscia". Guadagna 50 euro al mese, il doppio di quanto prendeva come segretaria. I suoi genitori non vogliono che lavori per un'agenzia di cuori solitari, dicono che non è serio. Lei è molto brava a mascherare il disgusto per questo teatraccio che ormai conosce a memoria. Non ha ancora deciso se sono più attraenti o repellenti questi italiani. Ma ha deciso che vuole andarsene da Minsk. Non c'è futuro qui per lei. «Non potrò avere figli, una vita decente, niente. Voi italiani siete simpatici ma, in quanto a ignoranza, non vi batte nessuno. Confondete Chagall con De Gaulle, dite che volete conoscere le nostre ragazze ma non ve ne frega nulla delle loro storie, vi basta averle come trofeo». Olga somiglia a Nicole Kidman, la ragazza russa di "Birthday Girl", ma è decisamente più avvenente. Divorziata, due bambine e due lavanderie a gettone che gestisce assieme alla madre e a sette dipendenti. Ha una passione per i ristoranti giapponesi e per l'alta velocità che, all'interno della sua archeologica Lada, è presagio di morte. Segue sul ghiaccio misteriose traiettorie. Dobbiamo toglierla dalle mani di un tassista che vuole strangolarla. Olga non crede al principe azzurro, ma vuole un futuro per le figlie che non sia il profilo truce di Lukashenko. Le piacciono gli italiani, anche se il primo lo conosce adesso e non somiglia a Ramazzotti. «Vedo i vostri film, siete romantici, sognatori». Non tutti. C'è il fratello sessantenne di una «famosa scrittora italiana» che arriva qui e crede di comprare tutto con i suoi soldi, racconta Klodia, padre africano, pelle nera, corpo statuario, una delle bellezze più gettonate di "Katiuscia". «Altro che galanterie, le donne di qui si conquistano con il 740 e la macchina di lusso», rinforza il concetto Roberto, maestro di arti marziali di Brescia, che a Minsk si presenta ogni anno con la sua Bmw spaziale. «Del resto loro si turano il naso quando si sposano con noi anziani perché vogliono vivere meglio e vestire di lusso, bere champagne invece della schifosa vodka fatta in casa con le patate e il grano».

Dissolti i miraggi, si presentano le seconde scelte, i casi umani. Galina ha 36 anni e abita con la madre. Sa di non essere bella e questo la rende attraente. L'italiano da sposare, uno qualunque, le serve per scappare da Minsk: «Qui ci nascondono la verità sugli effetti di Chernobyl». Ha passato la vita a studiare il cembalo e ora non sa che farsene. Si sente una murata viva, anche se le hanno detto che i muri sono caduti. Non c'è niente di più triste di una donna bielorussa triste. Non hanno un tango per sfiammare il dolore che le consuma e nemmeno uomini con cui ballarlo. «Dovreste far venire le vostre donne qui da noi, così capirebbero e quando tornano a casa, in Italia, vi apprezzerebbero di più».