12 Years a Slave (2013)
di Steve McQueen
Chiwetel Ejiofor (Solomon Northup)
Michael Fassbender (Edwin Epps)
Benedict Cumberbatch (Ford)
Paul Dano (Tibeats)
Paul Giamatti (Freeman)
Lupita Nyong'o (Patsey)
Sarah Paulson (Mistress Epps)
Brad Pitt (Bass)
Ci sono una vita tranquilla in famiglia a passeggio per i giardini del multirazziale e industrializzato Stato di New York, una trappola da parte di un duo di finti musicisti in cerca di talenti del violino per spettacoli di circo, una cena a Washington con tanto alcol e poi un risveglio in catene tra percosse e umiliazioni. Solomon Northup viene derubato della sua identità di uomo libero e spedito su un negriero negli Stati Confederati dove la schiavitù è lecita e finisce nelle mani di due proprietari terrieri a coltivare cotone e subire le angherie di quest'ultimi o degli altri bianchi che dettano legge nella tenuta privata. Ci sono le lacrime, il sudore, il duro lavoro, la solidarietà tra "inferiori" con tanto di dolce sipario musicale con neri e nativi che s'incontrano nei boschi, gli ordini da eseguire, il conteggio delle libbre raccolte, la gelosia di una moglie del sud verso una schiava prediletta, la violenza, le impiccagioni.
A mancare sono le provocazioni e lo studio sull'immagine a cui ci aveva abituato il nero regista londinese di Hunger e Shame, così come un approfondito lavoro sulla psicologia dei personaggi che sanno di già visto da un secolo di cinema che affronta il dramma dello schiavismo. La pellicola è lineare, lenta, mostra l'orrore sempre in campo con esibizioni di body art tra schiene segnate dalla frusta e un dolore lancinante di cui il regista ci rende partecipi con l'accompagnamento musicale retorico e pomposo di Hans Zimmer.
Un film fatto e pensato per l'Oscar, 9 nominations, destinato al grande pubblico e che vuole sedurre e commuovere l'America di Obama che dopo Django Unchained e The Butler rispolvera la sua coscienza riflettendo su una delle barbarie che fu alla base della "nascita di una nazione". Delle più di due ore di visione la scena che rimane e che davvero colpisce allo stomaco è l'impiccagione del protagonista, con un tempo dilatato in cui il silenzio e l'indifferenza forzata dei personaggi sullo sfondo fanno da contraltare al degrado della condizione umana.
Il resto è convenzione e un grandissimo Fassbender.
VP