Sacro GRA (2013)
di Gianfranco Rosi
Roberto Giuliani
Francesco De Santis
Paolo Regis
Amelia Regis
Principe Filippo Pellegrini
Cesare Bergamini
Gaetano Finocchi
Patrizia Torselli
Il Grande Raccordo Anulare circonda Roma come un anello di Saturno. E infatti della Città Eterna non si vede niente, solo un panorama col cupolone che l'occupante di una casa popolare scorge dalla finestra senza che anche noi possiamo gioirne. Nelle storie di umanità ai margini che si snodano per tutto il percorso l'elemento comune è la lontananza, la spersonalizzazione che l'anima del Raccordo, col suo via vai di luci e di macchine che corrono senza mai fermarsi, amplifica come un raccoglitore di vite che passano con indifferenza.
È l'idea felice e incisiva del film che ha riportato il Leone di Venezia 70 al cinema italiano: uno spunto splendido e di grande impatto estetico, frutto di due anni di lavoro del regista vagato a bordo di un furgone in lungo e in largo. Rosi gira un horror della quotidianità concentrato sul nascosto regalandoci uno spaccato periferico dove la violenza è sostituita dall'abbandono. Filma storie di umanità sub proletaria, tra un vecchio cacciatore di anguille accoppiato con una donna ucraina, un paramedico a bordo di un'ambulanza, un botanico che studia l'atteggiamento degli insetti per salvare le palme, due quadretti di un mostro dell'edilizia popolare. Ci sono anche due cubiste di uno squallido locale, proprio nell'immediata uscita del Raccordo, che vorrebbe attirare l'attenzione con la sua vetrina ammiccante di quelle macchine che sfrecciano al lato, il proprietario di un barocco bed & breakfast usato per fotoromanzi sull'aristocrazia, due donne non più giovanissime sulla strada e i più abbienti che per paura rimangono barricati dentro le villette davanti al palazzo popolare senza mai uscire per strada. C'è un grigiore dell'esistenza e un sogno di nobiltà perduta, tra una mamma senile che è pur sempre una reginetta e un Ordine Dei Cavalieri Lituani che si appoggia alla periferia romana per le sue cerimonie.
La regia è fluida, si impossessa dei suoi spazi e dei suoi tempi. Le storie che descrive sono tutte pertinenti e vere, ma si scontrano inesorabilmente con la durata della pellicola. Sacro GRA sarebbe stato un ottimo film se Rosi non avesse avuto l'ambizione di farci un lungometraggio: 93 minuti che iniziano molto bene ma che affondano nella ripetitività. Il film colpisce con la sua cifra stilistica ma stanca, annoia e a un certo punto non può che risultare prevedibile nel suo sbandierare il proprio essere Cinéma Vérité indipendente.
In ogni caso un cinema che vorremmo vedere più spesso. Soprattutto da queste latitudini e da questa industria.
VP