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martedì 12 giugno 2012

Cosmopolis (2012) by David Cronenberg


Cosmopolis (2012)
di David Cronenberg

Robert Pattinson (Eric Packer)
Sarah Gadon (Elise Shifrin)
Juliette Binoche (Didi Fancher)
Mathieu Almaric (Andre Petrescu)
Jay Baruchel (Shiner)
Kevin Durand (Torval)
Emily Hampshire (Jane Melman)
Samantha Morton (Vija Kinsky)


Dopo aver mirabilmente portato sul grande schermo l'universo della filosofia, al diciassettesimo lungometraggio Cronenberg scivola. Lo fa con un film tratto da un romanzetto allegorico di Don DeLillo già di per sé difficile da adattare nell'audiovisivo. Cosmopolis sta al 2012 come The End Of Violence di Wim Wenders stava al 1997: cinema a tema che antepone riflessioni sociologiche alle esigenze narrative. Il che non sarebbe male, d'altronde anche A Clockwork Orange e Salò a loro modo lo erano. Ma se Kubrick e Pasolini costruivano un'architettura formale tale da dare una giustificazione vitale alla materia trattata, i grandi autori di oggi non sembrano in grado di controllarne narrativamente il flusso. Il regista tedesco alla fine degli anni '90 si interrogava sull'escalation della violenza gratuita verbale e estetica che dal ritorno della blaxploitation e del cinema pulp si era perpetrata per tutto il decennio; il suo collega canadese invece mette in scena un'apocalittica e inutile lotta di classe contro un potere capitalista ormai inarrivabile pur aggirandosi tra le strade in mezzo alla gran parte della popolazione che vive come topi.

Eric Packer (un duttile Robert Pattinson) deve raggiungere il lato opposto della città a bordo della sua splendida limousine: deve tagliarsi i capelli e fuori dal piccolo mondo patinato in cui è perennemente rinchiuso ci sono bagliori di rivolta. Così il film diventa una chat continua tra lui, che è un multimilionario speculatore che controlla le borse mondiali a ogni ora del giorno, e gli ospiti che lo raggiungono per soddisfare le sue esigenze mediche, sessuali e cerebrali.

In Cosmopolis c'è tutto dell'universo di Cronenberg: dalla fascinazione per il ruolo attivo e determinante della macchina nella vita dell'uomo, alle viscere pulsanti di un mondo povero in rivolta, all'eccitazione delle donne per i meccanismi di potere con una sensibilità intellettuale alterata dai giochi di forza. Ubriaca lo spettatore di suggestioni a ripetizione dalla potenza estetica devastante: dalla limousine vandalizzata all'esterno e immacolata dentro, ai finestrini che si oscurano a piacimento, alle irruzioni ai bar con i topi da parte degli oppositori al regime tecnologico finanziario.

Cronenberg vuole raccontare un mondo che è andato troppo avanti perché la gente semplice riesca a starne dietro e che, soprattutto, se ne frega delle condizioni minime necessarie per una vita dignitosa di ognuno: Packer ogni ora che passa diventa sempre più potente e informato da cercare di distruggere se stesso per provare e conoscere qualcosa di nuovo. In questo caso l'obiettivo del regista e dello scrittore è raggiunto alla perfezione. Ma il cinema è altro e i pretesti narrativi non supportano la durata del film, che si dilata allungandosi, finisce per annoiare e annulla persino il meraviglioso portamento di Sarah Gadon, un'altra bionda canadese di Cronenberg che vent'anni dopo Deborah Unger fa battere il cuore agli estimatori della donna di classe di ghiaccio.

Anche se probabilmente tra qualche decennio sarà ricordato come uno dei film (e dei romanzi) chiave per capire meglio cosa sta accadendo in questa epoca.


VP